Jerzy Grotowski, la lezione del Maestro

Postato il 24 Gennaio 2020, di Francesco Torchia




Jerzy Grotowski è stato innanzitutto un Maestro. La sua lezione è andata oltre il teatro come spettacolo, ma non è consistita semplicemente nella trasmissione di un sapere tecnico, poichè egli ha utilizzato il sapere tecnico per tracciare un solco profondo nella mente e nel cuore di ogni suo allievo.
La sua è stata la lezione di un maestro. Non tanto nel senso a noi noto del maestro d’arte di bottega, quanto della guida, nella versione orientale del guru o del Maestro Zen che accompagna l’allievo lungo la strada della conoscenza e della formazione spirituale e poi sparisce. Il Maestro, che alla teoria astratta preferisce la pratica, la concretezza dell’esercizio e della prova, che dà compiti e non precetti, che sa trascendere e filtrare gli aspetti soggettivi e personali della relazione pedagogica, che comunica con il silenzio e l’aforisma piuttosto che con la ridondanza delle parole. Un Maestro non plagia mai l’allievo, lascia che questo lo imiti, perché sa che nell’imitazione c’è un apprendimento non intellettuale, ma ad un certo punto smette bruscamente di essere un modello e indica all’allievo la strada dell’autonomia.
Un Maestro sa quando è venuto il momento di lasciare l’allievo e a quel punto non esita a farsi uccidere, ama l’allievo ma non vuole possederne l’anima in eterno.
Un Maestro, qualunque mezzo adoperi, che sia la parola o l’azione, usa sempre lo stesso metodo: l’organicità del processo, nel quale ogni passo successivo scaturisce organicamente dal precedente senza forzature intellettuali, in una catena di azioni-reazioni che richiama sempre il fondo pulsionale di ogni uomo.
L’efficacia persuasiva, senza violenza impositiva, maieutica, dell’insegnamento di Grotowski si incentrava sulla sua capacità di giocare sul doppio registro dell’assenza/presenza.
Un Maestro è davvero tale quando la sua lezione giunge all’allievo oggettiva, spogliata della presenza della sua fonte, cioè quando si realizza in assenza. Grotowski nella seconda parte del suo processo di ricerca e trasmissione è stato perlopiù assente, delegava la guida dell’esperienza ai suoi collaboratori più stretti, rimaneva nel luogo dell’esperienza, ma invisibile; i collaboratori gli riferivano costantemente gli esiti del lavoro ed egli ragionava con loro su come procedere.

Dimenticare se stessi come attori, come testimoni di un’azione altrui, come insegnanti, come ascoltatori, come registi, come guide di un’esperienza, mettere se stessi tra parentesi, assentarsi e gettarsi nell’azione: è stato questo l’insegnamento di Grotowski.
L’ego con la sua presenza ingombrante è di ostacolo alla comunicazione, impedisce l’ascolto dell’altro, rende la ricerca di una verità nel discorso, o di un’autenticità nell’azione una contesa, allontanando di fatto la meta.
Le sue lezioni così come del resto la direzione degli spettacoli fino al 1970, come poi la guida delle ricerche post teatrali, dal “Parateatro” a “L’arte come veicolo”, funzionavano perché l’io-Grotowski è sempre stato assente, cedendo il suo posto ai compiti assegnati, agli sguardi, ai silenzi, ai muti assensi dissensi. Dimenticando se stesso il maestro spinge l’allievo a fare lo stesso, per lasciare spazio al cuore incandescente dell’esperienza. Considero Jerzy Grotowski l’ultimo dei Maestri nel senso sapienziale e nel senso strettamente pragmatico del termine. In un’epoca relativista come la nostra non c’è più spazio per un gesto -a suo modo assoluto- di un Maestro che indica una strada e la percorre come unica possibile. E non nascono più allievi disposti ad ascoltare la parola definitiva di un Maestro. Definitiva, perché o la prendi alla lettera e vai avanti, o ci giochi e alla fine la tradisci, e la cancelli.
Forse, più che una stella fissa Grotowski è stato una cometa, ha indicato con la sua scia una strada nel cielo e sulla terra. Ha visto una scala, come quella di Giacobbe, tra la terra e il cielo. Se guardi in alto vedi una costellazione che sono le sue opere i suoi allievi, i suoi collaboratori, le altre stelle che come lui hanno illuminato una stagione teatrale, ma non vedi Grotowski. Egli è passato e forse proprio come una cometa tornerà a passare, o un altro come lui. Del resto non è importante l’uomo, ma la sua opera, il suo insegnamento e per chi lo volesse sono sempre disponibili ancora oggi, riflessi dal cielo sulla terra, sotto i nostri piedi. 

 








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